Tutto il resto è aria.

Il teatro esiste e basta.
Ma il teatro non potrebbe esistere senza il pubblico.
Riflettendo su questi due concetti mi vengono in mente le parole di un grande regista polacco, un certo Grotowski, che a tal proposito, intorno agli anni '70, scriveva: "Eliminando gradualmente tutto ciò che è superfluo, scopriamo che il teatro può esistere senza trucco (...). Non può esistere senza la relazione con lo spettatore in una comunione percettiva, diretta. Questa è un'antica verità teoretica, ovviamente."
Ovviamente.
Il geniale regista andava avanti con le sue speculazioni teatrali, si intende, ma noi fermiamoci qua. Riflettiamo un attimo su quello che stiamo facendo.
Allarghiamo il concetto di attore a tutte quelle persone che saliranno sul palcoscenico nei giorni del festival. Proviamo a pensare che un musicista che scrive una canzone e prepara il suo spettacolo non sia poi così lontano dal lavoro che un attore compie su se stesso.
Immaginiamo un presentatore che varca la soglia delle quinte e si ritrova sotto i riflettori in un mondo quasi parallelo, il palcoscenico, in fondo sia costretto a recitare.
Ma il palcoscenico non esiste. Il mondo del teatro è un mondo inventato.
Gli attori sono attori, persone che si trasformano in funzione altre persone.
Allora il teatro esiste o non esiste?
Ecco, questo è il punto.
Il teatro siamo noi.
Siamo noi che fisicamente compiamo l'atto di entrare in sala, ci sediamo sulle poltrone, indirizziamo la nostra attenzione verso uno spazio e delle persone che non conosciamo, o non riconosciamo, in attesa di una comunione percettiva, di un'emozione da strappare.
Tutto il resto è aria.
Noi di certo non saremo Grotowski e il nostro non sarà un grande teatro da capitale.
Ma noi, il pubblico, saremo persone reali, con pensieri ed emozioni reali.
Questo è quello che conta ed eliminando tutto il supefluo scopriremo che il teatro esiste, senza trucco e menzogna.
Il teatro siamo noi e basta.
Tutto il resto è aria.