Immagino che siate degli appassionati.
Immagino che siate tra quelle persone che raddrizzano la giornata con un bel disco e che diate un senso alle serate con un concerto.
Immagino che lo siate e che vi sentiate sempre più spesso dei piccoli UFO sperduti nella città.
Eppure tutto nasce da dei paradossi; il primo è legato al valore della parola “musica”. Già perché “musica”,come “democrazia” o ”Natale”, fa parte di quelle parole che hanno un significato positivo in sé. Fate una figuraccia in più; fermate venti persone che passano sotto casa vostra e chiedete loro se gli piace la “musica”. Probabilmente tutti e venti, soprattutto se giovani, risponderanno di apprezzare la musica, alcuni e non pochi vi diranno addirittura di amarla. Chi non ama la musica?
Già,ok, però chiedete alle stesse venti anzi estendete pure a cinquanta persone la domanda “quando è che hai speso gli ultimi 5 € per un disco,per un concerto o anche solo una rivista specializzata?” e poi raccontatemi il deserto che dovete attraversare.
Chiariamoci; che i dischi costino troppo,che i concerti siano lontani,costosi e mal organizzati,che le riviste specializzate eccetto pochi esempi siano poche,sconosciute e un po’ settarie è anche vero però dov’è quell’amore per la musica che tutti professano,quell’atteggiamento positivo verso la musica che tutti a sensazione dicono di provare?
La discoteca,il capo che va,il ristorante,le scarpe di moda sono tutti articoli a cui non rinunciamo in fondo e vuotiamo le nostre tasche semivuote per esserci ma quando si tratta di spendere venti euro per un disco beh allora insomma… alla fine non si tirano mica fuori. I paradossi si sprecano.
L’altro giorno guardavo uno di quegli inutili show su MTV,il vattelalpesca award chenneso,un quarto musica,un quarto sesso,un quarto pubblicità e un quarto autocelebrazione. E pensavo alla distanza che c’è tra la musica,per come la amo io,e quel baraccone.
Tra quei cappelli, quelle bellone sproprositate , quegli occhiali da star lo schermo vitreo del televisore si trasformava velocemente in un vero e proprio muro. Un ghetto di star, dove tutto è permesso immaginare dalla tua cameretta ma che è semplicemente irraggiungibile ed esclusivo. Un mondo che puoi solo guardare.
Non ce l’ho con la televisione ma con come la fanno; quei tipi di spettacolo hanno allontanato in realtà la musica dal mondo dei ragazzi. Creano “star” lontane dalla gente. Le case discografiche hanno fatto tutti gli errori che potevano fare in questo senso. Hanno trattato la musica come fossero gli oscar del cinema,alla ricerca spasmodica della stella che creasse il fenomeno di vendita e immancabilmente si sono zappati i piedi.
Ve lo dico io cosa dovevano e dovrebbero fare. Non è nemmeno difficile;dovevano scendere per strada a cercare nei locali, nelle provincie, nelle campagne i personaggi davvero carismatici e comunicativi dando supporto alla loro crescente popolarità e sorreggendola. Dovevano amplificare l’importanza di quegli appassionati illusi che ancora oggi aprono dei locali di musica dal vivo. Dovevano prendere le persone dai bar delle città,dalle cantine,dalle feste. E’ da lì che sono uscite le poche vere stelle della musica italiana.
E’ questo che manca in Italia: l’anello di congiunzione tra la musica suonata e la musica diffusa,tra l’appassionato e il prodotto musicale. Il risultato è che i giovani inglesi a venticinque anni hanno già fatto tre dischi e hanno casomai il problema di sentirsi vecchi mentre da noi dopo dieci-quindici anni di gavetta forse puoi quasi dissanguarti per produrre le canzoni che hai scritto dieci anni fa e in cui non credi nemmeno più tu.
Si sono invece creati due mondi paralleli e poco comunicabili. Una distanza abissale tra l’appassionato ormai costretto a cercare dischi che abbiano un minimo di sostanza su internet, a suonare nel bar dell’amico, a scrivere gratis nel giornale-riserva che lo ospita, e il ragazzino che segue come una telenovela il gossip musicale.
Il bello è che alla fine scambiano anche noi, puri e duri appassionati musicali, per quei ragazzini e finisce che i nostri coetanei ci guardano con pietà quando diciamo loro che siamo musicisti,giornalisti o collezionisti.
Il ragazzino, povero cristo, è davvero sfruttato. La sua psicologia adolescenziale,in crisi di natura,com’è naturale in un processo accelerato di crescita, viene comprata e venduta.
Eppure anche da lui c’è da imparare. Sì perché il ragazzino la “sua” musica la sostiene eccome. Spende tutta la paghetta per il disco dei Finley e prende il treno di nascosto per andarli a vedere. E’ giusto che di conseguenza i suoi idoli abbiano il loro momento di celebrità (sì,perche il ragazzino ha il coraggio di scaricarli mentre noi ci portiamo dietro certi fantasmi che non fanno un disco decente da dieci anni). Io invece conosco intenditori di musica che non spendono un soldo per la propria passione e ora che c’è internet più che mai.
Sono gli stessi appassionati che poi non vanno a vedere il concerto organizzato con fede,passione e fatica da uno dei pochi locali ”live” sopravissuti della città per guardare il reality della Ventura.
I veri rincoglioniti forse siamo noi. Noi che non ci sosteniamo e anzi, forse per reazione a Mtv, ci auto-ghettizziamo in un comodo insuccesso riscattato solo nella vecchia discoteca di casa che,anche se non aggiornata, ha ancora il suo valore.
Eppure dentro tutti sappiamo che le cose possono tornare a non girare in modo stupido. I paradossi non sono la realtà e, in qualche maniera, non possono durare. Speriamo bene.
Immagino che siate tra quelle persone che raddrizzano la giornata con un bel disco e che diate un senso alle serate con un concerto.
Immagino che lo siate e che vi sentiate sempre più spesso dei piccoli UFO sperduti nella città.
Eppure tutto nasce da dei paradossi; il primo è legato al valore della parola “musica”. Già perché “musica”,come “democrazia” o ”Natale”, fa parte di quelle parole che hanno un significato positivo in sé. Fate una figuraccia in più; fermate venti persone che passano sotto casa vostra e chiedete loro se gli piace la “musica”. Probabilmente tutti e venti, soprattutto se giovani, risponderanno di apprezzare la musica, alcuni e non pochi vi diranno addirittura di amarla. Chi non ama la musica?
Già,ok, però chiedete alle stesse venti anzi estendete pure a cinquanta persone la domanda “quando è che hai speso gli ultimi 5 € per un disco,per un concerto o anche solo una rivista specializzata?” e poi raccontatemi il deserto che dovete attraversare.
Chiariamoci; che i dischi costino troppo,che i concerti siano lontani,costosi e mal organizzati,che le riviste specializzate eccetto pochi esempi siano poche,sconosciute e un po’ settarie è anche vero però dov’è quell’amore per la musica che tutti professano,quell’atteggiamento positivo verso la musica che tutti a sensazione dicono di provare?
La discoteca,il capo che va,il ristorante,le scarpe di moda sono tutti articoli a cui non rinunciamo in fondo e vuotiamo le nostre tasche semivuote per esserci ma quando si tratta di spendere venti euro per un disco beh allora insomma… alla fine non si tirano mica fuori. I paradossi si sprecano.
L’altro giorno guardavo uno di quegli inutili show su MTV,il vattelalpesca award chenneso,un quarto musica,un quarto sesso,un quarto pubblicità e un quarto autocelebrazione. E pensavo alla distanza che c’è tra la musica,per come la amo io,e quel baraccone.
Tra quei cappelli, quelle bellone sproprositate , quegli occhiali da star lo schermo vitreo del televisore si trasformava velocemente in un vero e proprio muro. Un ghetto di star, dove tutto è permesso immaginare dalla tua cameretta ma che è semplicemente irraggiungibile ed esclusivo. Un mondo che puoi solo guardare.
Non ce l’ho con la televisione ma con come la fanno; quei tipi di spettacolo hanno allontanato in realtà la musica dal mondo dei ragazzi. Creano “star” lontane dalla gente. Le case discografiche hanno fatto tutti gli errori che potevano fare in questo senso. Hanno trattato la musica come fossero gli oscar del cinema,alla ricerca spasmodica della stella che creasse il fenomeno di vendita e immancabilmente si sono zappati i piedi.
Ve lo dico io cosa dovevano e dovrebbero fare. Non è nemmeno difficile;dovevano scendere per strada a cercare nei locali, nelle provincie, nelle campagne i personaggi davvero carismatici e comunicativi dando supporto alla loro crescente popolarità e sorreggendola. Dovevano amplificare l’importanza di quegli appassionati illusi che ancora oggi aprono dei locali di musica dal vivo. Dovevano prendere le persone dai bar delle città,dalle cantine,dalle feste. E’ da lì che sono uscite le poche vere stelle della musica italiana.
E’ questo che manca in Italia: l’anello di congiunzione tra la musica suonata e la musica diffusa,tra l’appassionato e il prodotto musicale. Il risultato è che i giovani inglesi a venticinque anni hanno già fatto tre dischi e hanno casomai il problema di sentirsi vecchi mentre da noi dopo dieci-quindici anni di gavetta forse puoi quasi dissanguarti per produrre le canzoni che hai scritto dieci anni fa e in cui non credi nemmeno più tu.
Si sono invece creati due mondi paralleli e poco comunicabili. Una distanza abissale tra l’appassionato ormai costretto a cercare dischi che abbiano un minimo di sostanza su internet, a suonare nel bar dell’amico, a scrivere gratis nel giornale-riserva che lo ospita, e il ragazzino che segue come una telenovela il gossip musicale.
Il bello è che alla fine scambiano anche noi, puri e duri appassionati musicali, per quei ragazzini e finisce che i nostri coetanei ci guardano con pietà quando diciamo loro che siamo musicisti,giornalisti o collezionisti.
Il ragazzino, povero cristo, è davvero sfruttato. La sua psicologia adolescenziale,in crisi di natura,com’è naturale in un processo accelerato di crescita, viene comprata e venduta.
Eppure anche da lui c’è da imparare. Sì perché il ragazzino la “sua” musica la sostiene eccome. Spende tutta la paghetta per il disco dei Finley e prende il treno di nascosto per andarli a vedere. E’ giusto che di conseguenza i suoi idoli abbiano il loro momento di celebrità (sì,perche il ragazzino ha il coraggio di scaricarli mentre noi ci portiamo dietro certi fantasmi che non fanno un disco decente da dieci anni). Io invece conosco intenditori di musica che non spendono un soldo per la propria passione e ora che c’è internet più che mai.
Sono gli stessi appassionati che poi non vanno a vedere il concerto organizzato con fede,passione e fatica da uno dei pochi locali ”live” sopravissuti della città per guardare il reality della Ventura.
I veri rincoglioniti forse siamo noi. Noi che non ci sosteniamo e anzi, forse per reazione a Mtv, ci auto-ghettizziamo in un comodo insuccesso riscattato solo nella vecchia discoteca di casa che,anche se non aggiornata, ha ancora il suo valore.
Eppure dentro tutti sappiamo che le cose possono tornare a non girare in modo stupido. I paradossi non sono la realtà e, in qualche maniera, non possono durare. Speriamo bene.
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